IMPICCHIAMOLE TUTTE !

In this Tuesday, July 2, 2019 photo, youngsters spend an afternoon while siting on steps outside a shopping mall in northern Tehran, Iran.  A few daring women in Iran's capital have been taking off their mandatory headscarves, or hijabs, in public, risking arrest and drawing the ire of hard-liners. Many others stop short of outright defiance and opt for loosely draped scarves that show as much hair as they cover. More women are pushing back against the dress code imposed after the 1979 Islamic Revolution, and activists say rebelling against the hijab is the most visible form of anti-government protest in Iran today.  (AP Photo/Vahid Salemi)

IMPICCHIAMOLE TUTTE !

Alla fine dello scorso anno è stata pubblicata, per la prima volta, l’agghiacciante e vergognosa lista delle donne che sono state condannate a morte dal regime iraniano nell’ultimo decennio. Mitra, Farzaneh, Hajar, Zahra, Ameneh, Zeinab e molte altre sono i nomi delle donne vittime di questa follia razzista… loro, indicate solo con la data dell’esecuzione e niente più… già, come se loro appartenessero ad un mondo inesistente e trasparente dove la loro immagine  e la presenza fisica desse noia al regime iraniano… parlare di donne in Iran non è mai gradito né al regime di chiara impronta religiosa né ai fedeli sciiti, cultura demoniaca che prevale sempre e comunque che vede trionfare perennemente il concetto che la donna è da considerarsi un “essere inferiore” rispetto all’uomo… e non uno straordinario valore aggiunto alla vita dell’uomo… e che qualunque cosa le capiti in termini di punizioni non deve turbare in nessun modo la società islamica in quanto loro, per cieca fede religiosa, operano sempre nel giusto e nel rispetto dei dettami coranici, indipendentemente dal reato ascritto alla povera donna e l’unica pena inflitta  e prevista è quasi sempre la punizione corporale o in alternativa addirittura la morte per impiccagione o per lapidazione . I dati parlano in modo eloquente sullo stato delle donne nel paese persiano, 110 donne impiccate in dieci anni, 11 all’anno, una al mese… c’è da “esser soddisfatti”. Solo nel 2019 il regime dei mullah avrebbe impiccato 16 donne in diverse prigioni iraniane nel silenzio assoluto, da ciò  emerge che le cifre reali sono ben diverse da quelle ufficiali  e raccontano di numeri elevati… terrificanti, sarebbero ben più alti poiché la maggior parte delle esecuzioni avvengono in segreto, senza che nessuno ne sia a conoscenza, tranne coloro che le eseguono e che tacciano perché… perché condividono la scelta punitiva… da buoni fedeli. Diverse donne sono finite in carcere per essersi difese da mariti violenti, vittime di quella violenza domestica abitudinale e che hanno agito per autodifesa, attenuante non prevista dalla legge coranica.  Certo, ci sono “donne con le palle” in Iran, ma quando cercano di protestare vivacemente per il diritto alla vita della donna si vedono buttate in carcere senza nessun pietà, ed è accaduto esattamente il 27 luglio 2019, la scrittrice iraniana, Golrokh Ebrahimi Iraee, venne incarcerata perché difendeva semplicemente i diritti umani e dopo aver scritto una lettera sulle donne condannate a morte per omicidio, ne riporto una parte del contenuto della sua missiva perché fondamentale per capire : «Quando ho incontrato donne condannate per omicidio, ho saputo che una grande percentuale di loro aveva ucciso il marito, sul posto o premeditatamente, dopo anni di umiliazioni, insulti, percosse e persino torture e perché erano state private del loro diritto al divorzio. Se una delle loro ripetute richieste di divorzio fosse stata concessa, queste donne non avrebbero commesso un crimine » . E’ sbalorditivo leggere di “concessione del divorzio “ e non di un loro diritto o leggere di omicidi premeditati scaturiti da una sofferenza disumana come essere torturati ! Molte donne sono attualmente in attesa di essere giustiziate e alcune di queste detenute sono nel braccio della morte nella prigione di Qarchak. La maggior parte di loro sono madri e hanno diversi figli, elementi e valori che non  scuotono la coscienza del regime iraniano sciita anzi, il regime procede spedito nell’applicazione della pena di morte e ad oggi detiene il triste record mondiale di esecuzioni di donne, la situazione al  momento è  questa… i numeri sono impressionanti ma ci auguriamo tutti che il parlamento possa approvare una legge a tutela delle donne  e che possa metter fine a questo massacro, anche se in verità… vi confesso di dubitare enormemente sulla possibilità di un’apertura del genere in quanto ciò andrebbe in contrasto con la sharia, la legge coranica, che prevede la donna come “oggetto dell’uomo” e non come partner e persona con cui condividere appieno la vita sociale e lavorativa che di coppia. Un paradigma lontano anni luce da quello cristiano occidentale.  Ma quello che più inorridisce è la violenza del paese del golfo che usa la pena di morte come forma di punizione esemplare… manco se le donne in questione fossero i peggiori terroristi tagliatori di teste e massacratori di donne e bambini inermi. A ciò si aggiunge la loro perfidia, il regime in molti casi e in modo discriminatorio, si scaglia contro le minoranze religiose ed etniche, gli oppositori politici e soprattutto le donne. Forse la tanta decantata rivoluzione del 1979 si è rivelata un incubo per gli iraniani… !

13012021…by… manliominicucci.myblog.it

In Iran il governo vuole una legge sulla violenza contro le donne

In this Tuesday, July 2, 2019 photo, youngsters spend an afternoon while siting on steps outside a shopping mall in northern Tehran, Iran.  A few daring women in Iran's capital have been taking off their mandatory headscarves, or hijabs, in public, risking arrest and drawing the ire of hard-liners. Many others stop short of outright defiance and opt for loosely draped scarves that show as much hair as they cover. More women are pushing back against the dress code imposed after the 1979 Islamic Revolution, and activists say rebelling against the hijab is the most visible form of anti-government protest in Iran today.  (AP Photo/Vahid Salemi)

È attesa da anni e arriva sulla spinta del movimento #MeToo ma deve essere votata dal parlamento e la cosa non è scontata

 Tehran, Iran, luglio 2019 (AP Photo/Vahid Salemi)

Domenica 3 gennaio, il governo iraniano del presidente Hassan Rouhani, di orientamento centrista e moderato, ha approvato un disegno di legge per punire la violenza contro le donne: la proposta deve ancora essere votata dal parlamento, che è controllato dai conservatori e dagli ultraconservatori, molto più a destra rispetto ai moderati su temi legati al libertà e diritti. La decisione di presentare il disegno di legge è nata sulla spinta del #MeToo e grazie alla pressione dei movimenti che nel paese lottano da decenni per i diritti delle donne. Questi gruppi sostengono che il disegno di legge sia un grande passo in avanti, ma che presenti numerose mancanze.

La bozza completa del disegno di legge non è stata ancora resa pubblica, ma sul sito del governo ne è stata pubblicata una sintesi. Dice che viene considerato un reato «qualsiasi atto che provochi danni fisici, emotivi o alla dignità» di una donna o qualsiasi atto che abbia come risultato la limitazione della sua libertà e dei suoi diritti legali. Il disegno di legge affronta anche la questione delle molestie sessuali e di altri tipi di violenze: l’invio a una donna di un messaggio o di una foto a sfondo sessuale non richiesta, pretendere rapporti sessuali o forzare ad atti sessuali una donna potrebbe comportare punizioni come il carcere da sei mesi a due anni, 99 frustate e multe.

Il disegno di legge chiede poi che venga offerto un concreto sostegno alle donne che hanno subito violenza attraverso la creazione di centri specifici; che i giudici ricevano una formazione sulla violenza di genere; che le forze di sicurezza debbano creare una speciale unità di polizia femminile; che, attraverso il ministero dell’Istruzione, vengano organizzati dei corsi per studenti, insegnanti e genitori; e che si lavori per la prevenzione e sull’identificazione delle giovani donne che sono a rischio di violenza. La proposta prevede anche che il ministero della Salute si assuma l’obbligo di aumentare i servizi medici e psicologici per le donne e di formare adeguatamente il personale per trattare le donne maltrattate.

In Iran non esiste alcun numero ufficiale sulle donne che vengono uccise da familiari o parenti per azioni percepite come violazioni delle norme islamiche o delle consuetudini sociali. Nel 2014 un funzionario della polizia di Teheran, Hadi Mostafayi, aveva detto a Le Monde che il 20 per cento degli omicidi in Iran erano crimini di questa natura. La percentuale fa riferimento solo ai casi che sono stati riportati dai media, ma è certo che ce ne siano molti altri che sono rimasti invisibili. Uno studio condotto sempre nel 2014 ha rilevato che il 66 per cento delle donne sposate che hanno partecipato all’indagine aveva subito violenza domestica almeno una volta nella vita.

– Leggi anche: In piedi su una centralina, senza velo in testa

I movimenti che lavorano in Iran per i diritti delle donne chiedono da più di quindici anni l’approvazione di un progetto di legge contro la violenza di genere. Ma, secondo diverse attiviste come Tara Sepehri Far della ong Human Rights Watch, la recente attenzione mediatica internazionale su alcuni specifici casi e la nascita del #MeToo nel paese «hanno aumentato la pressione sul governo per approvare questo disegno di legge che era in preparazione da quasi un decennio». Era stato annunciato nel 2013, durante il governo dell’ex presidente Mahmoud Ahmadinejad, conservatore.

Lo scorso maggio, in Iran, c’erano state grandi proteste per un caso di femminicidio raccontato da tutti i giornali internazionali, quello di Romina Ashrafi, una ragazza di 14 anni decapitata nel sonno dal padre per essere scappata con l’uomo con cui aveva una relazione e aver “disonorato” la famiglia. Romina Ashrafi era stata fermata cinque giorni dopo la fuga ed era stata riconsegnata al padre, nonostante avesse chiaramente riferito alla polizia di temere per la sua vita se fosse tornata a casa. Il giorno successivo il padre aveva provato a strangolarla nel sonno, senza riuscirci, decidendo poi di usare una falce per decapitarla. Prima del crimine, il padre aveva consultato un avvocato ed era dunque a conoscenza delle conseguenze che avrebbe dovuto affrontare.

Secondo l’articolo 220 del codice penale islamico, il padre è il “guardiano” delle proprie figlie e in caso di cosiddetto “delitto d’onore” – un delitto perpetrato allo scopo di “riscattare” l’onore della famiglia – è previsto uno sconto di pena. Il padre di Romina Ashrafi sapeva dunque che non avrebbe rischiato la pena di morte come sarebbe accaduto per un altro omicidio in Iran, ma dai tre ai dieci anni di carcere e il pagamento di un indennizzo.

Sui social, nei movimenti femministi, sui giornali internazionali e su alcuni giornali locali, dove la vicenda era finita in prima pagina, si era parlato molto di violenza istituzionalizzata contro le donne da parte dello stato o legittimata dallo stato. E si era cominciato a protestare contro le leggi patriarcali in vigore nel paese e la mancanza di qualsiasi forma di protezione per donne e ragazze. Alcune attiviste femministe avevano detto che il vero assassino di Romina Ashrafi era la Repubblica Islamica dell’Iran.

Ad agosto, le donne iraniane avevano iniziato a prendere collettivamente parola contro la violenza subita e avevano accusato di cattiva condotta sessuale più di 130 uomini: tra loro c’era un artista molto conosciuto, Aydin Aghdashloo, l’ex manager di una società di e-commerce, un famoso professore di sociologia e il proprietario di una libreria. Alcune accuse erano state prese in considerazione e avevano avuto delle conseguenze. Keivan Imamvardi, il libraio accusato di aver stuprato 300 donne, 30 delle quali lo avevano formalmente accusato, è stato ad esempio condannato per «corruzione sulla terra», il crimine più grave nel codice penale iraniano.

Per Tara Sepehri Far di Human Rights Watch, così come per alcuni movimenti femministi, il disegno di legge non è comunque all’altezza degli standard internazionali contro la violenza di genere e non affronta tutti gli aspetti della violenza che le donne devono sostenere: è troppo generico nella definizione di “violenza”, non si occupa delle questioni dello stupro coniugale e del matrimonio infantile (in Iran le donne si possono sposare legalmente dai 13 anni, ma anche se una bambina ha meno di 13 anni suo padre può chiedere a un giudice il permesso di farla sposare). Ci sono dunque diverse richieste per renderlo più coraggioso e poi adottarlo con rapidità.

Altre attiviste pensano che il disegno di legge rappresenti un notevole passo avanti: «Lo aspettavamo da dieci anni», ha raccontato al New York Times Shima Ghoosheh, avvocata di Teheran che è stata consultata dal governo per la stesura della bozza: «Penso che questo sia un passo avanti perché ci fornisce una legge generale per la protezione delle donne che poi potremo costruire e modificare».

Masoumeh Ebtekar, vicepresidente dell’Iran con delega agli affari delle donne e della famiglia, ha twittato che il testo era il risultato di centinaia di ore di deliberazioni da parte di esperti legali e governativi. Leila Rahimi, avvocata che ha rappresentato pro bono diversi casi legati al #MeToo, ha detto che il nuovo disegno di legge aiuterà a sostenere le donne che si stanno facendo avanti con le loro storie e che intendono intraprendere azioni legali. Ha anche detto che, dallo scorso agosto, il numero di donne che la contattano per casi legati al #MeToo è costantemente aumentato: «Mi dicono che devono farlo per loro e per le altre donne. La speranza è che mentre le donne parlano, la legge le ascolterà».

La proposta del governo, per diventare effettivamente legge, deve essere approvata dal parlamento, controllato dai conservatori e ultraconservatori spesso in contrasto con il governo, che ha posizioni molto più centriste. Dopodiché il testo dovrà passare dal Consiglio dei guardiani, organo formato da 12 membri, sei religiosi e sei giuristi, tutti vicinissimi alla Guida suprema, l’ultraconservatore Ali Khamenei. E questo potrebbe rappresentare un ulteriore ostacolo.

L’avvocata Shima Ghoosheh e altre due legali sono comunque fiduciose che il parlamento approverà il disegno di legge, perché il testo stesso è stato modificato e mitigato per riflettere le opinioni della magistratura e dei legislatori.

IMPICCHIAMOLE TUTTE !ultima modifica: 2021-01-13T22:18:03+01:00da manlio22ldc
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