CI RISIAMO CON LE PANTOMIME…!

07052020 ANTONIO NOGARA

CI RISIAMO CON LE PANTOMIME…!

Sì, purtroppo come avevo anticipato una decina di giorni fa in un mio articolo, il triste epilogo si è materializzato e consumato nella città del Vesuvio, Antonio Nogara 58 anni, il povero e disperato imprenditore suicida non lo conoscevo, e sebbene fosse uno sconosciuto per tanti, tra noi imprenditori c’è e persiste un’amicizia e una solidarietà infinità, o piccoli o grandi che siano, vi è un legame indissolubile quanto indistruttibile che lega tutti noi in quella che è la battaglia dell’ingiustizia perpetrata a danno degli imprenditori italiani da oltre 40 anni e che ci vede sempre perdenti o nei peggiori dei casi …vittime suicida. Certo, i primi che sono sempre stati contro gli imprenditori sono i sindacati ai quali rimprovero l’atteggiamento di ostilità perenne, in verità non l’ho mai capito il perché visto che anche noi siamo dei lavoratori che danno lavoro agli operai e dovrebbero essere dalla nostra parte, e oltre loro anche ogni governo che si è succeduto nel corso dei decenni. Gli imprenditori vengono considerati degli evasori spietati e senza regole e da colpire nel profondo del conto corrente, ci riescono sempre e …tantissime volte anche affondati…Equitalia prima e l’Agenzia delle Entrate dopo ne sanno qualcosa…trattano gli imprenditori come delle prostitute da sfruttare, polli da spennare, applicando tassi da usura, pignoramenti devastanti e blocchi dei conti correnti come se l’imprenditore fosse il Totò Riina o Al Capone di turno…Ogni sorta di macchina bellica è congeniata per abbattere fisicamente e mentalmente il “criminale evasore” e ci riescono sempre portando la gente alla disperazione e al gesto estremo. E in più, dobbiamo anche sopportare la volgarità delle accuse infamanti di gente che non vuol pagare le tasse, già… questa è anche la normale e ricorrente litania dei governi di sinistra e sindacati, sempre pronti a maciullarci con tasse e imposte varie. La realtà è ben altra cosa, tantissime persone non immaginano che l’imprenditoria, piccola o grande che sia, non sempre funziona e rende come si vorrebbe, troppe tasse e guadagni risicati portano a bilanci molto magri e il più delle volte si guadagna meno dei propri dipendenti…e quando lo si racconta in giro… tutti ci ridono in faccia…ridono perché, giustamente, loro non capiscono come si faccia a guadagnare così poco…il punto è che tutti criticano e giudicano ma tutti vogliono essere dipendenti a stipendio fisso…e poi smettiamola con questa presa in giro del “rischio d’impresa”…oggi nessuno è immune dalla crisi e povertà. In ultimo, un pensiero e una domanda va anche al “nostro bravo presidente Giuseppe Conte” che ha detto di essere vicino alla famiglia dopo aver appreso del doloroso lutto,  caro presidente, ma i 600 euro e il prestito del decreto liquidità del 25%,  il povero imprenditore suicida li aveva ricevuti ? No, perché se era ancora in attesa la vicinanza se la risparmi…grazie. Il mio profondo cordoglio alla famiglia del caro collega defunto. 07052020

…by… manliominicucci.myblog.it 

X Contact : manliominicucci@gmail.com

….

Napoli, l’imprenditore suicida: «Antonio Nogara aveva paura di non farcela»

Imprenditore, 58 anni, era appena tornato al lavoro dopo il lungo stop: il corpo trovato in ufficio, con due lettere a moglie e figlia. Per settimane ogni giorno ha chiamato i dipendenti. Il cordoglio di Conte. L’opposizione: «Ora aiuti al Sud».

di Fulvio Bufi

07052020 ANTONIO NOGARA

 

I suicidi non hanno titoli di coda che spiegano tutto, che raccontano ogni dettaglio. Chi resta vede lo schermo già buio, che può assumere diversi contorni — in questo caso l’immagine di un uomo strangolato da un cappio — ma che propone sempre e solo la stessa scena: fine.
Poi si cerca di capire, e non si capisce mai fino in fondo. Nemmeno nella tragedia di Antonio Nogara. Ci sono quei biglietti indirizzati alla moglie Anna e alla figlia Federica, ma è una cosa loro, sono parole di un uomo che sta dicendo addio alla vita e sta inutilmente provando a spiegarne il perché alle due donne che della sua vita sono state l’amore profondo. Chi ha diritto a sbirciare tra quelle parole?

L’azienda

Parlava della crisi, del lockdown, dell’azienda di mobili e di allestimenti per negozi costretta a chiudere da un giorno all’altro e ad avviare la procedura per mettere in cassa integrazione i dipendenti? No. Non apertamente, almeno. Sua moglie ha voluto farlo sapere a tutti affidando un messaggio al sindaco di Cercola Vincenzo Fiengo: l’impresa di famiglia non era in crisi, aveva dovuto adeguarsi alle regole di questi mesi, ma era solida, e probabilmente sarebbe riuscita a riprendersi nonostante la mazzata delle tante settimane di chiusura.
Eppure Antonio aveva paura. Anzi, era angosciato più che impaurito. Uomo dal carattere sensibile e profondamente attento a tutti quelli che facevano parte della sua vita, aveva incontrato in passato quel male spesso inafferrabile che è la depressione. Aveva combattuto e ne era uscito, ma quando si viene morsi una volta da quella sensazione dove tutto è colorato di nero, la cicatrice non si rimargina mai completamente. Qualcosa rimane, silente e incombente, e può esplodere in qualsiasi momento, ma in certi momenti di più.

Le preoccupazioni

E questo è uno di quei momenti. Lo è per tanti e lo è stato anche per Antonio che ha cominciato ad ingigantire le preoccupazioni oggi comuni a qualunque imprenditore. La preoccupazione per quelli che lavoravano con lui, le continue richieste di informazioni su quando sarebbero arrivati i soldi della cassa integrazione, e le telefonate a ognuno dei dipendenti per offrire un aiuto, immaginando quanto fossero in difficoltà.
Oggi i suoi amici cercano le frasi più affettuose per ricordarne la bontà d’animo, la lealtà, la disponibilità. Succede sempre nei necrologi da sociale network, ma la storia di Antonio Nogara racconta che quei commenti riferiscono semplicemente la verità. Forse per i suoi affetti sarà ancora più difficile da accettare, ma la paura che lo ha spinto alla più estrema delle scelte non è una paura egoista. Antonio Nogara sapeva che avrebbe potuto farcela a restare in piedi. Lavorava da quarantacinque anni in quella attività che prima apparteneva a suo padre, e di momenti difficili — anche se mai come questo — ne aveva attraversati e superati altri. Ma sapeva anche che qualcosa sarebbe cambiato. E che sarebbe cambiato quello a cui lui teneva di più: l’affidabilità, la credibilità. Non aveva mai mancato di onorare un pagamento, ai collaboratori non faceva mancare nulla, e ora non sapeva più quando tutto questo sarebbe stato di nuovo possibile. E poi: con la crisi quanti negozi avrebbero continuato a rivolgersi s lui?

LEGGI ANCHE

La figlia

Era così legato al suo lavoro, e ancora di più dopo che Federica si era laureata in architettura e aveva cominciato a occuparsi di alcuni progetti che lo riempivano di orgoglio. Certo, lei aveva studiato, ma quante cose le aveva imparate anche dal papà, che non era architetto né designer, ma che si era fatto conoscere non solo a Napoli ma in tutt’Italia.
E forse non è un caso che abbia scelto di farla finita proprio in azienda, dove era tornato da un giorno e dove forse aspettava di tornare proprio per farla finita. Queste cose può spiegarle solo chi conosce per professione le dinamiche che regolano un gesto terribile come il suicidio, ma Antonio avrebbe potuto trovare altri posti e altri momenti. Invece ha voluto aspettare di riaccendere la luce in ufficio. Poi ha spento la sua.

 

 

CI RISIAMO CON LE PANTOMIME…!ultima modifica: 2020-05-07T14:18:14+02:00da manlio22ldc
Reposta per primo quest’articolo