TRE SETTIMANE DA RACCONTARE…

BALLI E CANTI DEL CORONAVIRUS
TRE SETTIMANE DA RACCONTARE…
Sicuramente ai giovani il titolo del mio articolo non dice nulla però, ai meno giovani dice tanto, è una vecchia canzone del compianto Fred Bongusto da lui cantata nel lontano 1973, deceduto lo scorso 8 Novembre, mi piace ricordarlo e prendo in prestito il titolo della sua canzone cantata con voce suadente e calda. La canzone nella sua semplicità racconta l’amore, un amore rifiutato per una banale incomprensione, ma parlandole, mette in risalto la loro canzone che da ben 3 settimane è in testa alle classifiche di gradimento, alla fine lei si convince e l’amore vince…già, l’amore è sempre vincente. Sono trascorse tre settimane, proprio come la canzone, dall’infausto giorno in cui l’Italia ha conosciuto l’inizio del calvario epidemico, tre settimane di privazioni, sofferenze e purtroppo tre settimane di…morti. Tre settimane che le persone si sono chiuse in casa per il terrore del contagio, giusta decisone aggiungo, e nel rispetto delle regole governative imposte, anch’io sto osservando il mio periodo di isolamento forzato, mi toccherà farlo sino al 26 di marzo, ma non dispiace, perché è proprio in questi momenti e nelle situazioni più disparate che noi …italiani tutti sappiamo ritrovare.. l’amore… Sì, certo, l’avevamo dimenticato e messo da parte da un bel po’ di anni, polemiche d’ogni genere, accuse tra politici e giornalisti, offese tra la gente del nord e del sud Italia, e quanto razzismo ho visto tra gli italiani stessi nell’ultimo periodo. Poi, incredibilmente il miracolo si è realizzato, il coronavirus nella sua efferata corsa al contagio dell’essere umano ha prodotto un risultato insperato sino a …”Tre settimane fa”… Buone notizie ci arrivano dai… balconi delle case italiane, canti, balli, suoni e disponibilità totale alla comunicazione ironica, sia via internet che via smartphone, iniziative lodevoli e ammirevoli che hanno fatto sì che l’amore sopito o dimenticato venisse rispolverato e riportato in tutte le case degli italiani. In “tre settimane vi racconto”… che l’amore nel popolo e tra tutti gli italiani è ritornato …l’abbiamo ritrovato, è un gran giorno che dedico ai 1.466 nonnini e genitori deceduti in queste tre settimane…qui il racconto non è bello, però mi piace pensare che la morte di queste persone sia servita a riunificare un popolo che purtroppo, e non ce ne rendevamo conto, si avviava verso una palese divisione geografica e sicuramente disastrosa per il paese. Ora siamo più forti ed uniti rispetto a tre settimane fa e il virus ora non fa più paura come prima anzi, ci fa …”un baffo”… Viva gli italiani il popolo più in gamba che …conosco… 14032020
…by… manliominicucci.mynlog.it
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 CRONACHE

#CE LA FAREMO

Cori e canti sui balconi: da Napoli
a Milano la musica che unisce il Paese

E’ tutta l’Italia segregata in casa dal Coronavirus che, nel primo venerdì di zona rossa integrale da Nord a Sud, alle diciotto o giù di lì, si ritrova unita anche se distante sulle note di un Inno di Mameli variegato e collettivo, che risuona di casa in casa

di Giovanna Cavalli e Flavia Fiorentino

BALLI E CANTI DEL CORONAVIRUS

C’è la bimbetta che soffia forte nel clarinetto le note dell’inno nazionale, da sola sul balcone, anche se l’ha imparato a scuola solo quattro mesi fa e il vicinato alla fine applaude e la mamma si commuove. C’è la ragazza che dal terrazzino con le primule accarezza le corde dell’arpa, chi suona la tromba e chi il sassofono, chi canticchia e chi stona, ma va comunque bene, Giuliano Sangiorgi dei Negramaro che si affaccia con la chitarra al collo e non risparmia l’ugola e intona «Tanto l’aria s’ha da cagnà» di Pino Daniele («Ho cantato per la mia strada a Roma, ho ancora i brividi… è stato come un abbraccio… vi giuro piango ancora»).

Fedez e Chiara Ferragni che schiudono la loro finestra milanese, influencer pure quella, con lei che si commuove («Io piango ogni volta che sento questo inno, troppo fiera di essere italiana, sempre»), le signore anziane dei Quartieri Spagnoli di Napoli che sventolano fazzoletti accanto agli stendini con i panni ad asciugare, il ragazzino che, in mancanza di meglio picchia forte sulla pentola con il mestolo di legno del ragù della nonna.È tutta l’Italia segregata in casa dal coronavirus che, nel primo venerdì di zona rossa integrale da Nord a Sud, isole comprese, alle diciotto o giù di lì, si ritrova unita anche se distante sulle note di un Inno di Mameli variegato e collettivo, che risuona da balcone a balcone, per rompere il silenzio e attutire la cupa malinconia di questi giorni amari del Covid-19, che almeno per cantare ci si può togliere la mascherina senza paura. E questo isolamento per qualche minuto sembra meno cattivo, più lieve da sopportare.

Tutto era partito con un flashmob sonoro lanciato su Facebook dalla street band capitolina FanfaRoma e che in poche ore è diventato più che virale, moltiplicato in foto, post e video sui social: «Apriamo le finestre, usciamo in balcone e suoniamo insieme, anche se lontani…così il nostro Paese diventerà un gigantesco concerto gratuito», proponevano gli organizzatori, a cui si è unito il sindaco Virginia Raggi (dando appuntamento un’ora dopo prima di rettificare): «Cantiamo una canzone tutti insieme, facciamo sentire che siamo una comunità anche se non ci possiamo toccare».

Così è stato. E se l’inno nazionale è stato il brano più gettonato, ognuno poi si è fatto da solo la sua playlist della speranza. A Fuorigrotta concerto per sirene, tamburelli e «caccavelle». Gran frastuono di pentole e coperchi (ma anche una cornamusa scaccia-tristezza) nell’insospettabile Torino. A Cagliari, Ave Maria in sardo dal balcone con la fisarmonica. A Milano ci hanno dato dentro con «O mia bela Madunina», arrangiamento a piacere.A Napoli, Portici e San Giorgio a Cremano si sono portati avanti cominciando giovedì sera con uno struggente «Abbracciame» del neomelodico Andrea Sannino che passava di balconcino in ballatoio. Così come a Lecce e Benevento, stregate da una mega-Tammurriata.

A Bologna il presidente del Quartiere Navile, Daniele Ara, ha preso la chitarra e suonato dalla finestra «Il pescatore» di Fabrizio De André, accompagnato dalle figlie. Nella capitale, la prima nota ieri l’ha fatta vibrare un basso solista, dopo di che è partita tutta una chiassosa orchestra con spartito libero e l’immancabile vendittiana «Roma Capoccia», da San Paolo alla Garbatella, da San Giovanni a Trastevere. Famiglia allargata al completo, Alessia Marcuzzi-Simone Inzaghi, Francesco Facchinetti, bambini compresi, a cantare al cielo l’inno tricolore.

Schierata virtualmente pure l’Aeronatica militare che su Twitter ha ripubblicato il volo acrobatico delle Frecce Tricolori: «Finestre aperte come i nostri cuori. Distanti, sì, ma uniti con la mente e con la voce#lItaliachiamò». A Roma è previsto un bis per oggi, di nuovo affacciati a cantare «Azzurro», e un tris per domenica con «Il cielo è sempre più blu». A Milano si replica questo pomeriggio, dalle 18 alle 19: l’idea è di gridare per 10 volte consecutive: «Milano tornerà». Un urlo per sentirsi ancora vivi, meno soli, più leggeri, perché bisogna crederci: alla fine, andrà davvero tutto bene.

 

TRE SETTIMANE DA RACCONTARE…ultima modifica: 2020-03-15T11:32:02+01:00da manlio22ldc
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