L’INTEGRAZIONE ? …ECCONE I FRUTTI !

15022021 stoccolma e armi

L’INTEGRAZIONE ? …ECCONE I FRUTTI !

E’ proprio così, come affermo da sempre il progresso e la civiltà sono subordinate a determinate scelte politiche e al rispetto delle necessarie regole di vita quotidiana, elementi fondanti e  basilari di una società che voglia identificarsi come società moderna e civile. Certo, è lodevole il progresso ottenuto dal paese scandinavo nel corso dei secoli e la Svezia sino ad una ventina di anni fa poteva vantarsi di avere una democrazia moderna, invidiata ed ammirata da tutti nel mondo occidentale… poi le cose sono andate nella direzione opposta all’intendimento democratico e liberale del paese e il paese è scivolato verso il raggiungimento di quell’illusione ideologica, rincorrendo il modello di società perfetta e aperta a qualunque discorso e individuo  e nessuno escluso… argomento molto delicato e che a volte non è in linea con le regole della democrazia infatti, da una decina d’anni mi sono letteralmente spostato dalla posizione di ammiratore del modello svedese  ad oppositore della curiosa nuova civiltà svedese. Il paese nonostante tutto quello che accade al suo interno continua a piacere a tanti… tranne che a…me ! Ovviamente ho le mie idee in merito e penso e credo che la democrazia e la libertà non debbano mai prescindere dalle regole del vivere comune pacifico che sono la base di una convivenza civile e l’assicurazione per un futuro di coesione tra i cittadini stessi. Certo, essere avanti e più civilizzati  rispetto a tanti altri paesi potrebbe costituire un vantaggio… ma lo è solo nella  teoria perché nella pratica certi concetti vanno presi con le molle quando si decide di cambiare e modificare proprio il tessuto sociale nella popolazione con l’immigrazione incontrollata ed aperta a tutti.  Argomenti come la libertà sessuale assoluta non sempre viene vista bene da tutti come addirittura viene considerata come apostasia nel caso dei cittadini islamici presenti in gran numero nel paese, quindi l’accoglienza di migranti senza regole impositive sono una “bella cosa e di indiscussa civiltà”… ma restano solo contesti astrusi nella teoria perché nella pratica poi le cose sono andate in modo diverso ed infatti la Svezia, oggi piange sulla sua “invidiata civiltà andata” e riflette sul dramma reale e consistente delle bande armate, le continue guerre di droga, le tante bande armate religiose che vogliono prevalere all’interno della società svedese col fine di modificarla, a loro vantaggio ovviamente, a coronamento dell’ideologia islamica… Islamici che per ora non si oppongono ma addirittura sostengono, stranamente, il traffico di droga ed armi, crimini che rappresentano reali pericoli insormontabili in quanto entrambi sono fenomeni che hanno assunto dimensioni spaventose nel paese, basti pensare che  nei primi otto mesi del 2020 si sono registrati 210 sparatorie con ben 24 morti, dal 2015, anno del boom dell’immigrazione, la guerra tra bande ha mietuto più di 40 vittime l’annodal 2012 al 2018 è aumentato del 140% , dati ufficiali che devono far riflettere mentre noi in Italia, proprio nel momento in cui scrivo, nel nuovo governo appena formato, viene confermata al ministero degli interni la signora Lamorgese, persona dalle idee molto vicine alle idee degli svedesi in materia di immigrazione e che ha già riaperto le rotte dell’immigrazione Mediterranea. Di tutto questo i media europei logicamente non ne parlano, anche perché è meglio non parlare di fatti criminosi drammatici che potrebbero aprire gli occhi ai cittadini italiani e far vedere loro l’immigrazione nella vera luce… Oggi la Svezia non è più il paese di prima, quello civile e moderno che conoscevamo… e consiglierei di spedire i militari anziché…in Mali per combattere lì i terroristi islamici, forse… sarebbe opportuno che li schierasse ai confini e nelle strade delle città per interrompere il traffico di armi e di droga e bloccare i futuri terroristi fatti in casa..

14022021 …by…manliominicucci.myblog.it

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Emanuel Pietrobon
12 FEBBRAIO 2021

15022021 stoccolma e armi

Da diversi anni la Svezia è divenuta il teatro di una guerra tra bande per il controllo dei traffici illeciti, in particolare del mercato della droga, che sta venendo combattuta a mezzo di sparatorie e attentati dinamitardi. I gruppi criminali coinvolti sono molteplici, in larga parte provenienti da Medio Oriente e Africa orientale, e sono accomunati da tre caratteristiche: anelano all’egemonia, hanno dimostrato in più occasioni di non distinguere tra rivali e innocenti, e i loro arsenali provengono dall’ex Iugoslavia.

La guerra tra bande, un riepilogo

Questa guerra tra bande, di cui si scrive poco e male, ha gradualmente terzomondizzato città come Stoccolma, Göteborg e Malmö, e trasformato il terrore in una parte integrante della quotidianità; un paradosso se si considera che la Svezia è stata per decenni il paradiso liberale per antonomasia, un modello di riferimento per le forze progressiste di tutto l’Occidente.

I numeri confermano la tragicità del fenomeno criminoso: nei primi otto mesi del 2020 hanno avuto luogo 210 sparatorie e 24 morti, dal 2015 la guerra tra bande miete saldamente più di quaranta vittime l’annodal 2012 al 2018 è aumentato del 140% il ricorso delle bande alle armi esplosive, e quindi all’attentato dinamitardo quale mezzo di eliminazione del rivale, e la media di una detonazione ogni due giorni (150 nel 2015) è diventata un ricordo sbiadito, persino agrodolce, negli anni successivi (211 nel 2017162 nel 2018257 nel 2019). Le esplosioni sono il riflesso di due modi operandi simili ma distinti: gli agguati con granate e bombe a mano, e gli attentati a mezzo di autobombe.

Malmö è la città più interessata dall’epidemia di violenza gangsteristica, un terzo delle esplosioni che ha interessato il Paese nel 2019 ha avuto luogo proprio qui, e la situazione non è migliore a Göteborg, dove la scia di sangue, secondo quanto denunciato da Hakan Samuelsson della Volvo, starebbe danneggiando il clima d’investimenti e inibendo il mercato del lavoro.

Le bande, come soprascritto, sono accomunate, tra i vari elementi, da una peculiarità: hanno dimostrato in più occasioni di non distinguere tra rivali e innocenti. Il 7 giugno 2018, un intero quartiere di Linköping era stato travolto dall’onda d’urto di una bici-bomba contenente quindici chilogrammi di esplosivo; risultato: duecentocinquanta appartamenti danneggiati, venticinque ricoverati.

L’evento spartiacque, però, è accaduto l’anno scorso, più precisamente il 2 agosto. Quel giorno, a Botkyrka, un piccolo comune a sud di Stoccolma, una dodicenne è stata uccisa da un proiettile vagante. Nella sua tragicità, la morte della giovane ha contribuito ad alimentare un dibattito pubblico sul problema del gangsterismo di importazione, trasformando l’indifferenza in indignazione e l’accettazione passiva in voglia di cambiamento.

Il prezzo dell’emancipazione dalla condanna del silenzio è stata la morte di una dodicenne innocente, però, oggi, il tabù della guerra tra bande è finalmente caduto: se ne può parlare – e se ne parla – durante i comizi politici e nei salotti televisivi, e, soprattutto, chi sceglie di trattare l’argomento non è più tacciato di dietrologia, estremismo e secondi fini.

Le prese di posizione più dure sono provenute da Ulf Kristersson (Partito Moderato), che ha definito la guerra tra bande una “seconda pandemia” e i suoi protagonisti dei “terroristi domestici”, e da Anders Thornberg, l’attuale capo della polizia nazionale, secondo il quale la violenza potrebbe raggiungere dei livelli tali da minacciare la democrazia svedese.

La connessione balcanica

Nell’ultimo rapporto dell’Iniziativa globale contro il crimine organizzato transnazionale (GIATOC, Global Initiative Against Transnational Organized Crime), pubblicato in data 22 gennaio 2021, viene dedicato un intero capitolo alla guerra tra bande che sta sconvolgendo la Svezia. Gli esperti del Giatoc hanno concluso che “l’ondata di letale violenza delle bande degli ultimi anni è in parte alimentata dalle armi da fuoco e dalle granate provenienti dai Balcani”, più precisamente dalla Serbia.

Sconfittta, o meglio auto-estintasi, la cosiddetta “Juggemaffian” (let. mafia iugoslava), il panorama criminale ha osservato l’ascesa di nuove bande extra-europee, in larga parte provenienti da Africa orientale (Somalia) e Medio Oriente, la cui predisposizione all’efferatezza “fa sembrare degli amatori” i gangster dell’ex Iugoslavia che hanno egemonizzato le strade svedesi negli anni ’90 – parola di Janne Raninen, ex assassino a contratto.

I somali, oggi dominanti, non avrebbero potuto scalare la piramide del crimine nazionale senza armi; armi che, come indicano il rapporto e i numeri sui sequestri, sono sostanzialmente di fabbricazione serba. I nuovi hanno sostituito i vecchi e lo spargimento di sangue tra le due generazioni è stato evitato  attraverso il raggiungimento di un accordo: ai serbi è stato concesso di poter continuare liberamente i loro traffici all’interno delle proprie comunità, in cambio gli è stato chiesto di armare i loro successori, i somali.

Il flusso di armi lungo la Belgrado–Stoccolma è composto principalmente da kalashnikov, granate e pistole della Zastava, è costante, ininterrotto e, soprattutto, è di proporzioni tali che il superamento della domanda da parte dell’offerta ha comportato la nascita di un mercato nero del mercato nero in cui viene rivenduta una parte del surplus, dell’eccedenza. È questo fenomeno che avrebbe provocato la trasformazione di Stoccolma nella città delle bombe. Reperire una granata, infatti, è diventato tanto semplice quanto economico; il prezzo medio si aggira sulle cento corone, ovvero poco meno di dieci euro, l’equivalente di un pasto semplice al McDonald’s.

Altri numeri utili a comprendere l’influenza della Balkan Connection provengono dalla polizia e dagli ospedali: un terzo delle pistole sequestrate generalmente è una produzione Zastava, la pandemia non ha contribuito a ridurre significativamente le sparatorie (117 feriti da arma da fuoco nel 2020 a fronte dei 120 dell’anno precedente), e “i medici si sono abituati ad operare vittime da arma da fuoco”.

Ad ogni modo, non sono soltanto i criminali serbi ad impinguare gli arsenali dei nuovi protagonisti del panorama criminale svedese: negli anni sono stati arrestati trafficanti di armi e sequestrati carichi provenienti da SloveniaBosnia ed ErzegovinaMacedonia del Nord ed Albania. I Balcani occidentali nella loro (quasi) interezza, in pratica, stanno partecipando ad una delle guerre tra bande più drammatiche e meno comprese del Vecchio Continente.

 

L’INTEGRAZIONE ? …ECCONE I FRUTTI !ultima modifica: 2021-02-14T21:17:34+01:00da manlio22ldc
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