LA STORIA SI RIPETE… MA CON ESITI DIVERSI !

14102020 libia

LA STORIA SI RIPETE… MA CON ESITI DIVERSI !

1° settembre 1939, la Germania di Adolf Hitler invade militarmente la Polonia e in risposta a quel gesto di prepotenza e strafottenza… Francia e Gran Bretagna dichiararono guerra ai tedeschi due giorni dopo, il resto poi lo conosciamo tutti e sappiamo com’è andata a finire per il “prepotente” e il suo folle gesto di invadere uno stato libero e sovrano. A distanza di 81 anni la storia curiosamente si ripete, gli scenari ovviamente sono diversi, i paesi in questione sono altri, ma il gesto di arroganza e prepotenza e il suo “modus operandi” è identico a quello del dittatore tedesco. Sto parlando della scandalosa vicenda dei nostri 18 pescatori di Mazara del Vallo e delle due motonavi battenti bandiera italiana. Accade che in una zona di mare, oltre le 12 miglia marine dalle costa libica,  che è zona internazionale ma che per la Libia sono considerate acque territoriali e sotto la loro giurisdizione, a dir il vero questa è una controversia internazionale iniziata all’epoca da Gheddafi nel 1986, e ad oggi ancora non risolta, e questa fesseria da dementi viene esercitata col diritto, arrogato, di sequestrare militarmente due navi, battenti bandiere di un altro stato, a ben 35 miglia dalla costa libica, non ne hanno assolutamente il diritto per farlo… ma lo hanno fatto anche perché sanno a priori che resteranno impuniti altrimenti se noi italiani alzassimo la voce ci vedremmo poi arrivare, per punizione, qualche decina di migliaia di migranti e tutto ciò sarà possibile grazie alla collaborazione volontaria dei radical chic e  buonisti italiani. E poi, per queste questioni ci sono i tribunali internazionali, e non le armi, per dissipare ogni dubbio sulla reale distanza delle acque territoriali.  Andiamo all’epilogo dei fatti, in sintesi abbiamo un dittatore del governo di un paese di nome Haftar, non riconosciuto internazionalmente, appoggiato militarmente solo  dalla Turchia, che si arroga il diritto di sequestrare 18 pescatori italiani e tenerli prigionieri, per un reato inesistente, e che utilizza il rapimento e il sequestro degli italiani per imporre le proprie condizioni di riscatto al nostro governo. Già perché le condizioni sono a dir poco allucinanti, lui pretende la liberazioni di alcuni criminali libici condannati da un tribunale italiano con pena definitiva, e li rivuole indietro in cambio della liberazione dei 18 pescatori italiani e permettere alle due motonavi di far ritorno in patria. In primis bisogna capire chi gli dà il diritto e per quale motivo se lo arroga visto che la Libia non appartiene al dittatore Haftar,  certo, vi è in atto una guerra civile ma il problema è che allo stato attuale lui è considerato un bandito e ribelle al riconosciuto governo di Tripoli, al momento lui lo è a tutti gli effetti, e lo stato italiano non può e non deve trattare con il dittatore di uno stato inesistente e un ribelle… specie poi quando le richieste di un ragionevole accordo e soluzione pacifica, da tutti auspicata, si rivelano impositive e a condizioni “ inaccettabili ”. Caro “governicchio da quattro soldi” e di incapaci… che si fa ora ? Accettate tutte le condizioni imposte da lui ? Vi piegate a 90° e magari gli regalate 5 o sei motovedette d’altura così da farlo diventare più forte nelle loro acque con la scontata ipotesi che in un futuro prossimo potranno sequestrare altri pescherecci intercettati dentro le loro acque territoriali sino a 150 miglia ? O magari gli forniamo qualche elicottero armato che potrebbero utilizzare contro il governo riconosciuto dalla comunità internazionale ? E il rispetto delle regole internazionali sulla navigazione a chi tocca farle rispettare se in questo preciso momento noi non abbiamo dato nessun segnale forte e deciso al governo ribelle della Cirenaica ? Questa è la drammatica fine che abbiamo fatto in materia di politica estera, fallimentare in tutti i sensi, siamo nelle mani di un dittatore che da ben 38 giorni tiene in ostaggio 18 italiani e la Farnesina si preoccupa solamente di accogliere migranti e “vendere bibite ai cinesi”.  La soluzione è una sola e semplice, blocco navale difronte alla costa libica, e se non liberano immediatamente i nostri connazionali allora si dovrà prendere in seria considerazione l’opzione armata per convincerli a liberare i 18 pescatori siciliani. Abbiamo portaerei e navi da guerra ed allora utilizziamoli, non possiamo più accettare la prepotenza turca e di Haftar nel Mediterraneo e se non chiariamo subito le cose … vedremo migliaia di immigrati sulle nostre coste nei prossimi mesi e questo lo presagivo già nel 2015, davo per scontato che loro li avrebbero usati come arma di costrizione e di ricatto perenne. Siete contenti ora signori radical chic e buonisti del cavolo ad averci messo nel ridicolo ? Siete strani, molto strani… infatti non vi vedo agguerriti a lottare per i sequestrati come fate per i migranti, né vi preoccupate delle loro condizioni di salute né se vivono nei famosi e tremendi “campi di concentramento libici”… Eh no, gli italiani non contano per voi cari onorevoli del PD e di Leu e di tutta la sinistra politica… gli italiani possono soffrire… vero ? Qui nessuno protesta e il dramma è che neanche i parenti dei sequestrati vengono considerati o ricevuti dal “bibitaro”… E come mai la signora Boldrini non va in Libia a difendere i diritti dei nostri connazionali come voleva fare in Bielorussia ? Sì, il nostro paese è da ben dieci anni in mano a dei “criminali politici” che vergognosamente hanno tradito gli italiani e stanno massacrando l’Italia e cancellando il futuro di questo paese… continuiamo così che prima o poi la guerra civile sarà l’unica certezza del nostro nero e imminente futuro.  13102020

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Libia, i pescatori di Mazara del Vallo in ostaggio e i “pizzini” di Haftar

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Qualcosa si è mosso, dicono a Globalist fonti autorevoli, i nostri servizi sono impegnati h24, ma qualcosa bisognerà concedere ad Haftar. Ma cosa? Soldi o riconoscimenti politici?

Khalifa Haftar

Umberto De Giovannangeli8 ottobre 2020ùSono ostaggi da oltre un mese di un signore della guerra che ogni giorno che passa alza il prezzo del riscatto. E i nostri 007 impegnati sul campo fanno fatica a stare dietro ai cambi di umore e di richieste del generale Kalifa Haftar. A 37 giorni dal sequestro in Libia, non sappiamo nulla dei nostri pescatori: siamo disperati. Alcuni hanno bisogno di cure, di farmaci, sono diabetici”.

 

Sono sconfortate le parole che l’armatore trapanese Leonardo Gancitano pronuncia durante l’intervento a Tgcom24. “In concreto non abbiamo notizie, ci sono 18 famiglie allo sbando”, ha aggiunto. Nel frattempo i parenti degli uomini trattenuti da Tripoli hanno manifestato a Roma, davanti a Montecitorio.

La vicenda

Il 1° settembre, a poche ore di distanza dall’incontro tra Luigi di Maio e Fayez al Serraj, capo del governo libico, il peschereccio “Antartide” veniva sequestrato insieme al “Medinea” nel porto di Bengasi, perché entrati in acque libiche. Le imbarcazioni, provenienti da Mazara del Vallo (Trapani), avevano a bordo rispettivamente dieci e sei membri dell’equipaggio. A compiere il sequestro la Marina di Haftar, che è ancora a capo dell’autoproclamato esercito libico dell’Est del Paese. La Farnesina ha più volte ribadito attenzione sul caso, mentre dalla Libia venivano avanzate richieste di scambio di prigionieri. La proposta, giunta intorno al 15 settembre, aveva come obiettivo la scarcerazione di quattro uomini condannati in Italia a 30 anni per traffico di essere umani e l’omicidio di 49 migranti. Proposta ritenuta dal governo italiano “irricevibile”.

Le condizioni dei pescatori
Il sito di news libico in inglese Libyan Address Journal ha riportato le parole di Khaled Al-Mahjoub, alto funzionario dell’esercito nazionale libico, che appoggia Haftar: secondo Al-Mahjoub, “è noto” che i libici trattino i propri prigionieri “nel rispetto dei diritti umani” e le condizioni di salute dei pescatori fermati sono “eccellenti”. In Libia, ha poi aggiunto: “Non viene arrestato nessuno a meno che non infranga la legge”.  Il funzionario ha spiegato che i 18 pescatori sono sotto indagine per aver violato la competenza territoriale ed economica delle acque libiche e pertanto verranno processati secondo le leggi del paese, avendo diritto all’assistenza legale. Inoltre, Al-Mahjoub ha detto di  “aver appreso” che i pescatori hanno potuto contattare le proprie famiglie. Le cose però non stanno proprio così. Si sa che dal primo settembre c’è stata soltanto una  telefonata: quella che il capitano della Medinea, Piero Marrone, ha fatto alla madre per spiegare che l’equipaggio sta bene, ma che ha bisogno d’aiuto. Marco Marrone, armatore dello stesso peschereccio e portavoce delle famiglie dei pescatori, e ha detto al Giornale di Sicilia che: “Continuiamo a non avere contatti con i nostri pescatori che il 20 ottobre saranno processati a Bengasi. Ci vengono date rassicurazioni, ma non siamo riusciti né a sentire i marittimi né a ricevere una loro fotografia». In più, secondo il telegiornale regionale della Sicilia la Libia avrebbe trattenuto i pescherecci perché stavano trasportando anche sostanze stupefacenti, un’accusa che secondo i familiari dei pescatori sarebbe falsa.

Ricatti e depistaggi

Una storia di ricattti, ripicche e depistaggi raccontata, con la consueta perizia documentale, da Nello Scavo su Avvenire: “L’Italia, a quanto risulta da varie fonti, ha cercato di riportare il generale a più miti consigli coinvolgendo il triumvirato che ha sostenuto Haftar in questi anni: Russia, Egitto ed Emirati Arabi. Negli ultimi mesi, però, proprio questi Paesi hanno mostrato insofferenza nei confronti del ‘maresciallo’, incapace di completare l’assedio su Tripoli e mostratosi più volte sordo ai consigli dei suoi foraggiatori. ‘Unica opzione praticabile – suggerisce una fonte diplomatica – sarebbe coinvolgere la Francia, cui Haftar deve molto, compreso l’avergli salvato la vita quando era stato colpito da un grave ictus’. E anche in questo caso Roma dovrebbe pagare un prezzo altissimo – rimarca Scavo-. Oltre alle annose partite per l’assegnazione delle esplorazioni petrolifere e lo sfruttamento dei giacimenti, che in Cirenaica hanno visto le società francesi surclassare quelle italiane, Khalifa Haftar ha l’occasione per una ripicca. Un anno fa Federpesca stipulò un accordo con i fedelissimi del generale. La trattativa venne a lungo tenuta riservata; si trattava di un accordo privato, di durata quinquennale ‘tra Federpesca e la Libyan Investment Authority’, si leggeva in una delle scarne comunicazioni ufficiali. Il patto era più simile a un dazio mafioso. Veniva consentito a una flottiglia di 10 motopesca di gettare le reti nelle acque reclamate dai libici, in cambio di una ‘tassa’ da diecimila euro al mese per peschereccio e a 1,5 euro per ogni chilo di pescato, pesato però a Malta. In cambio, gli armatori siciliani avrebbero potuto rifornirsi rifornirsi di carburante in Libia, a un prezzo più basso così da compensare il ‘pizzo’ mensile. Ogni passaggio di denaro sarebbe dovuto avvenire attraverso società di intermediazione maltese che avrebbero incassato il denaro per conto di Haftar. Dopo i primi viaggi dei pescherecci siciliani la protesta del governo di Tripoli, riconosciuto dall’Italia che invece disconosce le autorità di Bengasi, costrinse Roma a far retrocedere Federpesca dall’intesa. Oggi Haftar ha l’occasione per la rivincita su Roma. Sul piatto c’è anche l’operazione navale internazionale Irini, a guida italiana, che nelle ultime settimane più volte ha ostacolato la consegna di armi da guerra alle milizie della Cirenaica. A pagare il prezzo sono i 18 marittimi e le loro famiglie, che da giorni non riescono neanche ad avere contatti telefonici con la prigione in cui sono rinchiusi”.

 

Vicolo cieco

 

Che l’Italia possa liberare quattro criminali condannati per la “strage di Ferragosto” è fuori discussione. E allora? Le bocche sono cucite, a Palazzo Chigi come alla Farnesina, alla Difesa come al Viminale, tuttavia a forza di insistere qualcosa trapela. E Globalist ha raccolto queste voci. Il presidente del Consiglio e il titolare della Farnesina hanno investito della vicenda i Paesi che più sostengono il generale Haftar: Russia, Egitto ed Emirati Arabi Uniti, chiedendo loro di premere sul loro “protetto” per arrivare alla liberazione dei nostri connazionali. Qualcosa si è mosso, dicono a Globalist fonti autorevoli, i nostri servizi sono impegnati h24, ma “qualcosa bisognerà concedere ad Haftar”. Un riconoscimento politico, ad esempio, del ruolo importante che il generale di Bengasi ha nel processo di stabilizzazione della Libia. Su questo, Roma non ha problemi. Ma da solo quel riconoscimento non può bastare. Ecco allora spuntare la pista dei soldi, di un riscatto da pagare per la liberazione degli ostaggi.  D’altro canto, fa notare la fonte, in altre circostanze l’Italia si è comportata così per ottenere la liberazione di nostri connazionali. Ufficialmente questi pagamenti sono sempre stati negati, ma ci sono stati, questo è sicuro.

 

Armi ad Haftar

 

Haftar ricatta l’Italia, forte del sostegno militare degli Emirati Arabi Uniti.  Secondo un rapporto riservato delle Nazioni Unite, nel 2020 gli Emirati Arabi Uniti avrebbero aumentato il loro rifornimento di armi al maresciallo libico, che è a capo delle milizie legate al governo della Libia orientale. A riportare la notizia è il Wall Street Journal, che scrive che gli EAU avrebbero rifornito di armi Haftar, violando gli embarghi internazionali, per ostacolare l’influenza della Turchia nell’area. Tra gennaio e aprile di quest’anno l’aeronautica militare degli Emirati avrebbe inviato circa 150 forniture di munizioni e di sistemi di difesa. Decine di voli di rifornimento, tramite un aereo da trasporto militare C-17 di fabbricazione statunitense, sono continuati durante l’estate, anche dopo le sconfitte di Haftar durante l’offensiva contro Tripoli. Gli Emirati Arabi Uniti avrebbero utilizzato anche navi per rifornire di carburante l’aviazione militare sotto il controllo di Haftar. E allora se non è solo questione di soldi, e ancor meno di armi, e se lo scambio con i quattro scafisti condannati in via definitiva a 30 anni di carcere, non è ricevibile, come uscire fuori da questo vicolo cieco? Una cosa è certo: ci vorrà tempo. Fonti contattate da Aki – Adnkronos International ricordano come in passato “ci siano voluti mesi” per risolvere casi analoghi in Libia, dal momento che le autorità libiche “considerano quelle acque zone di interesse economico esclusivo libico” e non tollerano “violazioni dei propri diritti economici sulle proprie acque”.

Haftar deve rivalersi dello “sgarro” subito, a suo dire, dall’Italia. E in questa logica mafiosa, c’è da attendersi  di tutto.

 

LA STORIA SI RIPETE… MA CON ESITI DIVERSI !ultima modifica: 2020-10-14T18:28:07+02:00da manlio22ldc
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